Il Port(a)fo(g)lio di Craxi

Il 7 febbraio 1987 sul quotidiano “La Repubblica” appare un articolo sul procedimento penale in corso a Torino a carico di un amministratore di società per elargizioni effettuate al Psi di Bettino Craxi in violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti. L’articolo è intitolato: “Corruzione a Torino. Lo confesso: prima di fallire ho finanziato il partito di Craxi”. A fianco dell’articolo appare una vignetta di Forattini che raffigurava Craxi, mascherato da ladro con un garofano all’orecchio, che afferma: “Quanto mi piace questo giornale da quando ha portfolio!”.

Bettino Craxi reputa articolo e vignetta gravemente diffamatori e cita in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma editore e direttore responsabile del quotidiano. Il Tribunale di Roma accoglie la domanda condannando i convenuti al risarcimento dei danni. La Corte d’Appello di Roma conferma la sentenza di primo grado. Si va in Cassazione.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso confermando le precedenti decisioni. Secondo la Suprema Corte, dovendo il diritto di satira “[…] ritenersi soggetto a limiti secondo criteri di coerenza causale tra qualità della dimensione pubblica del personaggio fatto oggetto di satira e il contenuto artistico espressivo sottoposto ai percettori del messaggio”, deve ritenersi illecita “[…] la satira meramente denigratoria, tale da strumentalizzare pretestuosamente il nome e l’immagine di un determinato personaggio”. Pur non dovendo le vignette satiriche “[…] rappresentare e rispettare la verità dei fatti avendo come fine la caricatura e la dissacrazione del personaggio”, vanno considerate illecite quando sono “[…] a supporto di un articolo giornalistico la cui finalità è quella di nuocere a una determinata persona”.

(Cass. 29 maggio 1996 n. 4993)
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Anche qui la vignetta satirica di Forattini è stata dai giudici considerata strumentale al messaggio informativo, come accaduto per quella sui presunti rapporti tra Pcus e Pds. Anche qui sono stati applicati i principi in materia di diritto di cronaca, con particolare riferimento al requisito della verità dei fatti. Tra l’altro, nel caso in questione era lo stesso messaggio informativo, ossia quello veicolato dai titoli dell’articolo, ad aver violato autonomamente il requisito della verità.

Infatti, la vignetta raffigurante Craxi vestito da ladro mentre esprime soddisfazione per l’inserto “portfolio” (in quel periodo distribuito insieme al quotidiano “La Repubblica”) ha associato il leader socialista alla “corruzione” richiamata dal titolo dell’articolo. Quando, al contrario, all’epoca dei fatti nessuna accusa di corruzione era stata formulata ai danni di Craxi (che sarà accusato di corruzione soltanto nel ’92).

Ma anche se il titolo non si fosse equivocamente riferito alla corruzione, la vignetta non avrebbe potuto ritenersi legittima. Se l’accusa dei magistrati di Torino era rivolta al Psi in quanto associazione di partito (quindi soggetto a sé stante) per aver ricevuto sovvenzioni da una società privata e in violazione della legge, sarebbe stato ugualmente fuorviante raffigurare Craxi come un ladro interessato al “port(a)fo(g)lio”, poiché parlare di denaro che finisce direttamente nelle tasche di un segretario di partito (notizia) è cosa ben diversa dal parlare di contributi illeciti che finiscono nelle casse del partito (fatto). E dal momento che la vignetta, per la sua collocazione, aveva una funzione strumentale al messaggio informativo, avrebbe comunque fuorviato il lettore inducendolo a considerare Craxi come il destinatario delle somme di denaro, violando così il requisito della verità.

E’ chiaro che anche in questo caso la collocazione della vignetta in un contesto informativo ne ha trattenuto le potenzialità satiriche. C’è da chiedersi, però, se la vignetta avrebbe potuto considerarsi legittima se avulsa dal contesto informativo. In altre parole, se le modalità di rappresentazione di Craxi, in un contesto meramente satirico, sarebbero state coerenti con la dimensione pubblica che al momento caratterizzava il leader del Psi, tenendo presente che la satira per definizione non risponde ad esigenze informative.

E’ difficile immaginare la vignetta in questione al di fuori di un contesto informativo, in considerazione di ciò che afferma il personaggio raffigurato (“Quanto mi piace questo giornale da quando ha portfolio”). Ma si può provare a valutare la legittimità della vignetta depurandola di quella frase, incentrando l’analisi esclusivamente sulla raffigurazione di Craxi con le proverbiali sembianze del ladro.

La notizia del procedimento penale sui finanziamenti illeciti al Psi ha certamente contribuito ad arricchire la già considerevole dimensione pubblica di Craxi, accrescendo così le potenzialità della comunicazione satirica. Ma la sua raffigurazione alla stregua di ladro non sarebbe stata coerente con quella nuova dimensione pubblica, data dall’essere Craxi il potente capo di un partito, collegato ad una specifica realtà economica, dalla quale quel partito riceve parte del proprio sostentamento; Craxi che calpesta la legge pur di fare gli interessi del proprio partito.

Al contrario, la vignetta raffigurante Craxi vestito da ladro lo avrebbe assimilato al peggiore esempio di perseguimento di interessi personali ed egoistici. Il contenuto del messaggio satirico non sarebbe stato coerente con la qualità della dimensione pubblica di Craxi, poiché avrebbe presupposto una dimensione pubblica inesistente (meglio, non ancora esistente). In quest’ottica, legittimo sarebbe stato raffigurare Craxi mentre dirige il traffico dei camion che si alternano nello scaricare denaro all’interno del cortile di un complesso immobiliare identificato con garofani e sigle del Psi; o dotato di un gigantesco aspirapolvere a forma di garofano che aspira soldi dalle cassaforti di aziende “amiche”.

Ovviamente, a partire dal ’93, le cose sono profondamente cambiate, poiché i giudici hanno appurato che numerosi episodi di corruzione, insieme ad altri reati a fini di lucro, avevano avuto Craxi come protagonista, fino a scoprire un cospicuo patrimonio personale. Da quel momento, la dimensione pubblica di Craxi è andata completamente mutando: da politico che agisce in violazione delle leggi ma per il benessere del partito, a delinquente che abusa del proprio potere per arricchirsi scandalosamente. Di fronte ad una simile acquisita dimensione pubblica di Craxi, è chiaro che i confini entro i quali situare il contenuto del messaggio satirico sono andati notevolmente ampliandosi. E il proverbiale mascheramento da ladro si sarebbe posto in coerenza causale con quella nuova dimensione pubblica.